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venerdì 26 dicembre 2008

Noam Chomsky

Tratto da Noam Chomsky, "America: il nuovo tiranno", Rizzoli

Alle sue conferenze davanti al pubblico americano, spesso la gente interviene ponendole la fatidica domanda: - Che cosa dovrei fare?-
Ciò accade solo con il pubblico americano. Nel Terzo Mondo non mi viene mai rivolta questa domanda. Quando vai in Turchia, in Colombia o in Brasile, nessuno ti chiede: -Che cosa dovrei fare?-. Ti dicono quello che stanno facendo. Quando sono andato a Porto Alegre per il World Social Forum, ho avuto un incontro con alcuni campesinos senza terra, e non mi hanno chiesto che cosa avrebbero dovuto fare; mi hanno invece raccontato quello che stavano facendo. Si tratta di persone povere, oppresse, che vivono in condizioni terribili, e non si sognerebbero mai di chiederti che cosa dovrebbero fare. E' solo nelle culture altamente privilegiate, come la nostra, che le persone vengono a porti questa domanda. Abbiamo tutte le possibilità aperte davanti a noi, e non abbiamo nessuno di quei problemi con cui devono confrontarsi gli intellettuali in Turchia o i campesinos in Brasile. Noi possiamo fare di tutto. Qui però le persone sono abituati a credere che vi siano risposte facili, mentre non è così che funzionano le cose. Se uno vuole fare qualcosa, deve impegnarcisi con dedizione giorno dopo giorno. Programmi di formazione, organizzazione, attivismo. E' in questo modo che le cose cambiano. Volete una bacchetta magica con cui risolvere i problemi, per poi tornare a casa domani a guardare la televisione? Bene, sappiate che questa bacchetta non esiste.

Che cosa direbbe ad una persona che, leggendo questa intervista, si chiedesse: - Questi sono problemi enormi. Io, come singolo individuo, cosa posso fare? -.
Ci sono un sacco di cose che possiamo fare. Noi non stiamo per essere gettati in prigione, né stiamo per essere torturati o assassinati. Godiamo di enormi privilegi e di un'impressionante libertà. E ciò significa che abbiamo infinite opportunità di azione. Al termine di ogni conferenza negli Stati Uniti, c'è sempre qualcuno che si alza e dice: -Voglio cambiare questo stato di cose. Che cosa posso fare?-. In qualche modo, il fatto di godere di enormi privilegi e libertà porta con sé un senso di impotenza; è un fenomeno strano, che non può fare a meno di attirare la nostra attenzione. Il punto è che possiamo fare quasi tutto. Non vi sarà affatto difficile trovare gruppi di persone che stanno lavorando sodo su questioni che vi interessano, ed entrare a farne parte. Ma questa non è la risposta che la gente vuole sentirsi dire.
La vera domanda che le persone hanno in mente suppongo sia questa: -Cosa posso fare per mettere fine a questi problemi in modo rapido e veloce?-. Sono andato ad una manifestazione, e non è cambiato niente. Il 15 febbraio 2003 quindici milioni di persone hanno partecipato alla grande marcia per la pace di New York, e Bush ha scatenato ugualmente la guerra; non c'è alcuna speranza.

Ma non è così che funzionano le cose. Se volete che le cose cambino veramente, dovete prepararvi ad affrontare, giorno dopo giorno, il semplice e monotono lavoro di avvicinare un paio di persone interessate ad un problema, mettere in piedi un'organizzazione un po' più grande, preparare la mossa successiva, sperimentare la frustrazione e, alla fine, arrivare da qualche parte. E' così che il mondo cambia. E' in questo modo che ci si libera dalla schiavitù, che si conquistano i diritti delle donne, che si ottiene il diritto di voto o la tutela dei lavoratori. Ogni conquista a cui possiamo pensare è nata da un lavoro di questo tipo, non dal fatto che le persone hanno partecipato a una dimostrazione per poi lasciar perdere vedendo che non succedeva nulla, o dal fatto che la gente va a votare una volta ogni quattro anni e poi torna a casa.

Certo, va bene eleggere un candidato migliore - o forse meno peggiore -, ma questo è soltanto l'inizio, non la fine. Se vi fermate lì, potreste tranquillamente non andare neanche a votare. A meno che non sviluppate una cultura democratica vivace e rigogliosa in grado di costringere i candidati ad agire in un certo modo, essi non faranno mai le cose per le quali li avete votati. Se ci si limita a premere un bottone per poi tornare a casa, non cambierà mai niente.