Penso che i politici...
dovrebbero confrontarsi continuamente con i cittadini invece di decidere i programmi in sordina e mettercene al corrente a giochi fatti. Questa non è democrazia, ma dittatura con delega rinnovabile. Ogni rappresentante politico, anche se ha avuto voti e autorità per decidere rimane nostro dipendente: scelto da noi, pagato da noi, che spende i nostri soldi. Deve rendere conto del suo operato durante il mandato e non al turno successivo.
Sono convinto che governare anche un piccolo comune è un compito arduo persino per un bravissimo e competente assessore o sindaco, e nella nostra cultura chiedere consiglio ai cittadini o condividere speranze e problemi è visto come segno di debolezza. Non da me, lo considero segno di forza, maturità, saggezza, umiltà. Il leader dall’intelligenza superiore, il super politico o manager che ha sempre la risposta pronta, che non sbaglia mai (figuriamoci chiedere scusa), a cui le masse si rivolgono con occhi sognanti e bocche spalancate per l’emozione è una specie in via di estinzione, anche se non se ne rende conto. Le nuove generazioni sono più critiche e informate.
Nelle mie esperienze di nascita, gestione, coordinamento, collaborazione con diverse realtà di volontariato e nel Meetup ho capito che la strategia vincente è l’inclusione di tutti i soggetti interessati da ogni problema o decisione, altrimenti si generano soluzioni che creano incomprensione, disagio ed emarginazione. Questo modo di governare è il futuro.
Ad esempio più della metà della popolazione è di sesso femminile, tuttavia le donne in politica o nelle amministrazioni non sono rappresentate nella stessa misura, questione superata per alcuni, ma ancora irrisolta, che io vedo non più in termini di oppressione ma di cultura olistica e gilanica. Altresì considero elementi da rappresentare, pur non avendone la possibilità, gli animali e l’ambiente, la natura.
Questa non è una mia visione romantica, ma la realtà: la nostra vita, il nostro benessere, la nostra sicurezza dipendono dalla qualità dell’aria, dell’acqua, del cibo, dal valorizzare e dal comprendere nostre origini, storia, tradizioni, per capire chi siamo e dove intendiamo andare. Quando ho imparato il lavoro e la passione che necessita la produzione del vero aceto balsamico da un pensionato, sono rimasto davvero a bocca aperta. Questo sapere antico ha valore. Ogni posto e ogni Comunità ha i propri saperi, che producono ricchezza culturale, prima che economica. Un popolo senza consapevolezza del suo passato non ha futuro.
Allo stesso modo il benessere dipende anche dallo sviluppo economico, che è importantissimo supportare coinvolgendo banche, imprese, tecnici, istituzioni, associazioni di categoria, con un occhio di riguardo verso i soggetti deboli. Tenendo presente che ogni comune ha dei limiti, non si può costruire all’infinito in una superficie limitata. Si può creare ricchezza e lavoro, anche più che in passato, non solo costruendo, ma trasformando, rinnovando, usando aree abbandonate, facendo manutenzione, migliorando i sistemi di prevenzione e investendo in sicurezza, con una nuova urbanistica per diminuire il traffico e che favorisca la socialità, la convivialità, lo stare insieme, non necessariamente per comprare, vendere o lavorare.
Altrimenti inseguendo lo sviluppo fine a se stesso, continuando senza valori ed una visione globale continueremo a sacrificare cose molto più importanti del denaro oltre alla terra, all’aria, all’acqua, alla natura: la salute, la famiglia, il tempo, l’amicizia, le relazioni sociali… una città deve essere un luogo di benessere oltre che di lavoro, una buon governo deve creare Comunità, favorire la convivenza civile, non solo lo sviluppo economico.